All’aria: 2019-2023

Giuliano Collina

All’aria,
ma non certamente
il prodotto della voglia di capovolgere,
di buttare per aria, di provocare.
No, non ho mai sentito il bisogno di fracassare,
di distruggere prima di ricostruire.
Il mio mestiere si è sempre avvoltolato
su se stesso per difendersi,
piuttosto che disteso per aggredire.
Infatti mi piace identificarne il prodotto
come se fosse una secrezione.
Tra gli insetti preferisco il baco da seta:
per lui una necessità,
per noi la seta.

In ordine di tempo, partendo dall’Ombra delle stelle del 2019: una porzione di cielo appuntato di stelle, rilevate non dipinte che stanno lì a proiettare in basso a sinistra gli aloni della loro presenza sulla terra. Questo è l’ultimo prodotto di una lunga serie di Ombre che oggi stanno ammucchiate nel mio studio.

E nemmeno l’aria degli Impressionisti,
non le atmosfere, non l’umidore friabile
dell’aria sull’acqua ferma a Giverny.
Non quella ormai irraggiungibile bellezza,
ma solo la “sostanza”
dove tutti noi sempre stiamo immersi...

Così dunque e poi altre stelle, più di un anno dopo, ma dove il colore torna a tingere il cielo: il blu oltremare, il pigmento in polvere (che tanto ha intrigato Yves Klein) e il suo contrario, l’ocra, la tinta forse meno adatta per dipingere l’aria, a meno di stenderla così diluita da sottolineare l’avvento di un breve tratto di luce: quello del sole?

Il sole perché contrario alla notte. La voglia di caldo.
I cieli metallici e il turgore della combustione.
Forse più facili da raccontare
piuttosto che da dipingere
a meno di ricorrere al trucco
del “colore improprio”:
sole verde e cielo rosa,
o addirittura
come nelle più plateali delle frodi:
il sole in controluce.

All’aria,
perché quello che qui ho dipinto
non sono idee,
ma per quanto mi è possibile “cose”
e come tali stanno avvolte dall’aria.

Sole e nuvole.

Tre nuvole (un metro per uno e mezzo): una bianca, una nera e una grigia. Qui c’è quella nera, campita su fondo bianco lucido con un nero opaco e catramoso, piatto e pesante. Quel ghirigoro sulla destra è arrivato da solo per effetto forse di una essicazione impropria del colore.
Da allora (2022), ogni volta che vedo quel segno, mi ripropongo di toglierlo, ma non lo faccio, forse perché ormai è così tanto incistato da diventare “necessario”.

Aria per le stelle,
aria per il sole,
aria per le nuvole,
così come per il “vento”.
In sintesi, dunque,
una sola identità.

E aria, anche se rarefatta, per la Bandiera del firmamento, quel grande quadro blu di recente fattura, dove forse più che in altri dipinti coevi sono riuscito, almeno in parte, a immaginarmi una bandiera sì inesistente, ma forse necessaria. Un rettangolo di cielo contenuto in uno spazio brulicante di costellazioni.

Le bandiere ci sono
perché sanno sventolare nell’aria,
anzi perché garriscono.

Dunque All’Aria,
come un augurio, una dedicatoria,
un destino.