All’aria

Dialogo con alcuni passi del Libro di pittura di Leonardo

P.F. Galli

...L’aria riceve non solo il moto, ma l’affetto istesso...

Th. Camp. De sensu rer. III, 7, 210

Dei quattro elementi con cui da sempre si cimenta l’opera di Giuliano Collina l’aria pare essere il meno rappresentabile pittoricamente. E, in effetti, nella storia dell’arte l’aria non è quasi mai stata considerata quale soggetto pittorico autonomo, dunque a prescindere dal tema rappresentato e non come suo corollario, pur importante per quanto riguarda l’espressione dell’‘atmosfera’ emotiva dello stesso, se così si può dire. L’unico artista che ha compreso l’importanza dell’aria e ne ha fatto davvero un soggetto autonomo, un vero e proprio soggetto nel soggetto del dipinto, è Leonardo. Egli, infatti, ha dedicato un costante impegno alla rappresentazione dell’aria proprio nella sua grossezza, come egli stesso la chiama, aprendo, com’è ben noto, la via agli Impressionisti.[1] Leonardo era in particolare interessato alla relativa mutazione dei colori dovuta all’interposizione del mezzo tra questi e l’occhio, e l’osservazione lo induceva puntualmente a concludere che «quanto maggiore sia la interposizione trasparente infra l’occhio e l’obbietto, tanto più si tramuta il colore dell’obbietto nel colore del trasparente interposto».[2] Affermazione, che potrebbe rientrare, e a pieno titolo, in un manifesto impressionista come in un trattato di cromatologia o di ottica: discipline scientifiche di cui gli Impressionisti non erano certo digiuni.

Al contrario, Giuliano Collina mira alla rappresentazione dell’aria mediante i colori, intento che lo porta di necessità a considerare l’aria secondo l’unico aspetto che la rende immediatamente percepibile: il movimento. L’aria muove muovendosi, e in pittura la percezione di tale moto non può che essere affidata al colore e, grazie al colore, alla concitazione delle forme. Ciò che Leonardo scrive a proposito Del vento dipinto compendia icasticamente la splendida serie di tele che Collina dedica al vento, sostanzialmente ispirate all’episodio di Paolo e Francesca del V canto della Commedia dantesca, a cui egli lavorò in precedenza: «nella figurazione del vento, oltre al piegare de’ rami e il roversiare delle sue foglie inverso l’avvenimento del vento, si debbe figurare li ranugolamenti della sottile polvere mista co’ la intorbidata aria». [3] E poiché l’aria, resa manifesta dal colore, non solo riceve ed esprime il moto, come recita la citazione in esergo tratta da Campanella, ma l’affetto istesso, ovvero, nel caso dell’aria dipinta, l’affetto dell’artista, i suddetti ranugolamenti saranno più o meno densi, più o meno drammaticamente concitati e turbinosi, densi di colore, di sottile polvere e d’altre sostanze portate dal vento, perché, anche nella trattazione del più impalpabile degli elementi, la plasticità materica tipica dell’arte di Giuliano Collina non viene meno, ma assume solo gradazioni e sfumature diverse.

Questo, naturalmente, vale anche per le nuvole, ‘forme d’aria nell’aria’, e per le bandiere, a cui l’artista da tempo si sta dedicando. Che altro sono, infatti, le nubi, se non sempre mutevoli plasmazioni aeree? Leonardo, che dedica l’intera VII parte del suo Libro di pittura alla trattazione De’ nugoli, tanto è importante a suo sentire, osserva al riguardo: «li nuvoli sono creati da umidità infusa per l’aria, la quale si congrega mediante il freddo che con diversi venti è trasportato per l’aria; e tali nuvoli generano venti nella loro creazione, sì come nella loro destruzione».[4] La nuvola è, quindi, nient’altro che congregazione e disgregazione d’aria, di materia che, da impalpabile si fa nel vento forza potente e distruttiva, includendo in sé tutto quanto può. Sicché l’aria si rende visibile in forme e colori propri, come nel caso delle nuvole rosse, grazie all’incidenza della luce, con cui, non a caso, finisce in qualche modo per identificarsi: l’aria, in quanto è tutto ciò che ci circonda, in primo luogo è luce e colore. E ha un proprio colore: l’‘azzurro’. Su ciò Collina e Leonardo sono senz’altro d’accordo.[5] Ricordo una splendida, grande tela d’angolo di Giuliano dal titolo Bolla d’aria o Soffio: sinfonia di note in azzurro che, come l’aria aperta, dona al riguardante la sensazione della vita colta nella sua manifestazione primaria: il respiro come il soffio vitale, indizio del vivente in quanto tale.

Tuttavia, soprattutto il seguente passo leonardesco è, a mio parere, in piena consonanza con le attuali esigenze creative di Giuliano Collina. Egli osserva infatti che «l’aria per sé non ha qualità d’odore, o di sapore, o colore, ma in sé piglia le similitudini delle cose»[6]: di recente mi è capitato di udire Giuliano mentre diceva, a proposito di un’opera alla quale sta lavorando, «se dipendesse da me, la disegnerei nell’aria», come a dar voce a un’esigenza di rarefazione tale del mezzo, da lasciare che le cose stesse, svincolate dal loro necessario supporto, potessero prender luogo per un semplice gesto da parte dell’artista, come i nugoli di Leonardo plasmati dal vento. In tal senso per l’artista comasco l’aria, che in sé piglia le similitudini delle cose, si fa davvero ‘contenitore della pittura’, e i cieli stellanti e i soli sfolgoranti, di cui quasi si avverte il calore trasmesso dall’aria, sono altrettante ‘forme dell’aria’: proprio come le multiformi bandiere, segno stesso della presenza dell’aria, della sua levità e della sua forza, che si fa ancora una volta visibile nella concitazione dei loro colori e delle loro forme. All’aria invita dunque a meditare su quella che si può senz’altro ritenere l’esigenza di fondo della pittura e dell’arte in genere, che non sta affatto nel riprodurre o, peggio, nell’imitare quanto si offre o accade nel mondo, bensì nel creare un mondo, in cui il mondo si possa mostrare, anzi possa realmente accadere. Non paia azzardato l’accostamento, ma, a parere di chi scrive, la citata affermazione di Giuliano Collina non ha nulla da fare con la boutade estemporanea di un artista spiritoso e geniale, bensì tradisce la natura del fare artistico e l’origine stessa dell’arte dal mistero dell’essere: l’artista è un alter deus e come Dio vorrebbe che il mondo accadesse con una sua sola parola, con un suo solo gesto.

E l’aria, impalpabile eppure potente, fonte di vita e causa di morte, si offre all’artista come ciò in cui e ciò di cui il suo fare ha luogo e si alimenta per un nuovo accadere del mondo, di volta in volta altro e mutevole, proprio come l’aria.

1. Leonardo Da Vinci, Libro di pittura, a cura di M. T. Fiorio, Abscondita (Carte d’artisti 177), Milano 2019, pp. 139-140.
2. Ibi. p. 263.
3. Ibi. p. 253.
4. Ibi. p. 422.
5. Ibi. pp. 154-155.
6. Ibid. p. 155.