FERNANDO PICENNI: LA POESIA SI NASCONDE

2003

Visitando mostre, dalle gallerie alle esposizioni Biennali, si ha spesso l’inquietante sensazione che l’arte sia divenuta una sorta di Circo, un allegro spettacolo dove l’onore della ribalta spetta all’ultima trovata eclatante del saltimbanco di turno. Così, molti “artisti” impongono il loro prodotto, ricorrendo a calcolate strategie di marketing, con le medesime mosse e necessità: dispendio economico, individuazione di un target, confezione di un prodotto smerciabile, promozione pubblicitaria, presenzialismo e mondanità; sorge il dubbio, osservando altresì le opere di certi autori, che il loro talento sia stato sottratto, e potrebbe essere meglio impiegato, nel settore del commercio, magari vendendo aspirapolvere.

L’arte quindi una giungla, che richiede operatori feroci, pronti al massacro, individui molto, molto, diversi da quella categoria di artisti e galleristi – sempre più rari - che credono che l’essenziale sia distillare una propria poetica nel dialogo con i quesiti del proprio tempo, creare un proprio linguaggio nella meditazione, nella ricerca autentica, nell’inesauribile sperimentazione pittorica nello spazio del proprio studio – torre d’avorio forse, e, come soleva di dire C. Carrà, “con il filo spinato attorno” - per poi effettivamente donare una poesia nuova al mondo: artisti di un’elitaria categoria cui, senz’altro, ci sentiamo di ascrivere Fernando Picenni, pittore sensibile e raffinato, dalla lunga carriera maturata insegnando a Brera, esponendo nelle gallerie più importanti a fianco di maestri ora conclamati, artista originale e creativo, di cui si sono interessati i maggiori critici, ma, altresì, artista schivo, poco propenso ad affidare il proprio messaggio ad altro se non alle proprie, straordinarie opere.

L’opera di Picenni è “...Contraria alla banalità imperante, radicata nella struttura formale del razionalismo astratto avvalorato da incanti onirici, l’opera di Picenni è pittura - magnifica pittura - d’intelligenza e di sensibilità, di atmosfere, di attese, di silenzi, di accadimenti decantati nel tempo, di presenze animate da segrete narrazioni ...” un lavoro necessario, indispensabile perché il circo dell’arte sia ancora credibile: con altri intendimenti, altri eccezionali risultati.

Conosciamo il mondo dell’arte, ne accettiamo i giochi, ma lo vorremo migliore.

Nulla si chiede se non che, ancora una volta, si riconosca impegno e creatività, e che, quindi, quello che si pensa esso sia, possa, per tutti, essere realtà.